La nuova strategia doganale del Regno Unito

Una nuova strategia doganale con un approccio in tre fasi. Maggiori controlli in import ed export, specie sui prodotti di origine animale e un sistema di analisi dei rischi al passo con l’Unione europea e il resto del mondo.

A distanza di poche settimane dall’introduzione dei nuovi controlli alla frontiera UE, il bilancio, secondo la Dogana UK, è positivo. Lo scorso 14 febbraio, l’HMRC (Her Majesty’s Revenue and Customs, ente che riunisce l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle dogane britanniche) ha presentato, presso il consolato del Regno Unito di Milano, il nuovo modello operativo doganale (Uk Border target operative model). Molte delle novità interessano da vicino le imprese italiane che intrattengono rapporti commerciali con il Regno unito. A livello statistico, infatti, Uk è da sempre uno dei principali partner commerciali dell’Italia, anche e nonostante le difficoltà incontrate a seguito della Brexit.

Il contenuto del nuovo modello doganale

Il nuovo modello operativo delle Dogane inglesi, approvato ad agosto 2023, si basa su un sistema di analisi dei rischi, che intende semplificare gli scambi commerciali, limitando gli oneri amministrativi e contenendo i costi.

Animali vivi, prodotti germinali, prodotti di origine animale, sottoprodotti di origine animale, piante e prodotti vegetali sono suddivisi in categorie e classificati secondo il livello di rischio (alto, medio o basso). Le verifiche saranno ponderate in base al livello di rischio e al Paese di origine.

I controlli sanitari e fitosanitari saranno introdotti con un approccio graduale, in tre fasi: la prima fase è già in vigore dal 31 gennaio 2024 e prevede l’obbligo di presentare, al momento dell’importazione nel Regno Unito, le certificazioni sanitarie per i prodotti animali, piante e prodotti vegetali con un livello di rischio “medio” e per gli alimenti e mangimi ad “alto rischio”. Per tali prodotti è necessaria, inoltre, la pre-notifica, prima dell’importazione dei beni SPS nel Regno Unito. Questa prima fase, già in vigore da alcune settimane, secondo la Dogana UK non ha creato particolari problemi per gli operatori.

Non sono previsti controlli, invece, per i prodotti a basso rischio, per i quali è richiesta soltanto la pre-notifica (a eccezione di piante e prodotti vegetali).

La seconda fase entrerà in vigore dal 30 aprile 2024, con l’introduzione dei controlli doganali per i prodotti SPS. I prodotti animali e vegetali “a medio rischio” e per alimenti e mangimi ad “alto rischio” saranno sottoposti, infatti, a controlli fisici e verifiche documentali presso i punti di controllo (BCPS, Border Control Posts). Il nuovo modello di controllo sarà esteso anche alle importazioni di prodotti soggetti a controlli sanitari e fitosanitari dal resto del mondo. Le ispezioni su piante e prodotti vegetali ad alto rischio provenienti dall’UE si svolgeranno nei punti di controllo BCP.

La terza fase sarà operativa dal 31 ottobre 2024. A partire da tale data, per i prodotti provenienti dall’Unione europea, sarà necessario presentare una safety and security declaration. Per tale dichiarazione, tuttavia, sarà richiesto un set di dati ridotto.

 

LIVELLO DI RISCHIO

CONTROLLI

Prodotti a basso rischio

Richiedono solo una pre-notifica (ad eccezione di piante e prodotti vegetali a basso rischio) e non necessitano di certificazione o controlli di routine. A partire dalla seconda fase, dovranno entrare nel Regno Unito attraverso un punto di controllo di frontiera (BCP) o un punto di controllo adeguatamente designato.

Livello di rischio medio

È richiesta la pre-notifica e la certificazione sanitaria (EHC/PC).

A partire dalla seconda fase la Dogana UK potrà effettuare controlli fisici o documentali, proporzionati al livello di rischio, presso i punti di controllo BCP.

Prodotti ad alto rischio

Sono soggetti a pre-notifica, certificazione sanitaria e, a partire dalla seconda fase, a controlli generalmente del 100%.

 

Riforme non comunicanti

Tra gli obiettivi del nuovo modello operativo della Dogana UK, vi è l’implementazione di uno sportello unico (single window) doganale, ossia una rete che consenta di eseguire le operazioni doganali per l’importazione o l’esportazione di merci da un’unica piattaforma telematica. Qualcosa di simile a quanto già adottato in Italia (Sportello unico doganale dei controlli, SU.DO.CO), in fase di potenziamento con i fondi del PNRR. Molto simile a quanto si discute nei tavoli di riforma del Codice doganale dell’Unione europea, nei quali è stata introdotta la volontà di istituire un nuovo centro doganale digitale europeo accanto al già esistente Sportello unico europeo.

La Dogana UK sta lavorando anche all’introduzione di maggiori semplificazioni doganali per gli operatori economici dotati di particolare fiducia e affidabilità da parte della Dogana (c.d. “trusted traders”), figure molto simili agli Aeo (operatori economici autorizzati) già previsti dal Codice doganale UE. E, sempre in ambito di riforme europee, si va verso un maggiore potenziamento di tali soggetti con i c.d. operatori “Trust and Check” (Fiducia e Controllo) che potranno immettere le loro merci in circolazione nel territorio dell’Unione senza alcun intervento da parte delle Dogane. La categoria Trust and Check andrà a rafforzare proprio il programma AEO.

Le riforme UK e UE, tuttavia, non sono necessariamente destinate a comunicare tra loro, data la separazione, politica e amministrativa, tra i due blocchi, conseguente alla Brexit.

Non è scontato, pertanto, che il sistema di single window Uk potrà comunicare in futuro con lo sportello unico UE, né che essere Aeo significhi automaticamente essere riconosciuti come trusted trader da parte della Dogana britannica.

La situazione dopo la Brexit

L’introduzione dei nuovi controlli doganali è stata più volte posticipata dal Regno Unito. A ormai quattro anni di distanza dall’entrata in vigore della Brexit e a tre dalla fine del periodo transitorio entrano finalmente in vigore nuove regole per le procedure doganali di import.

Come molti ricorderanno, solo in extremis fu ottenuto l’obiettivo di salvaguardare rapporti commerciali tra Unione europea e Regno unito, mediante l’accordo di libero scambio sottoscritto tra le parti a dicembre 2020.

Molti degli annunci del Governo inglese di allora non si sono ancora realizzati concretamente. Oltre alla tutela dei rapporti commerciali con l’Europa, il programma prevedeva, infatti, il rafforzamento degli accordi di libero scambio con i Paesi extra-UE e, in particolare, quello con gli Stati Uniti. In realtà, i nuovi accordi commerciali sottoscritti dal Governo UK con i Paesi extraeuropei non hanno portato vantaggi concreti, in quanto si limitano a replicare i trattati precedenti di cui il Regno Unito poteva già beneficiare, in quanto Stato membro UE.

In verità, l’economia UK sta registrando una fase di recessione e, secondo un sondaggio del quotidiano “The Independent”, la maggioranza dei cittadini britannici afferma che la Brexit ha contribuito alla crisi economica del Regno Unito. Si è arrivati a definire il c.d. “Bregret”, ossia una sorta di rimorso dei cittadini britannici per aver votato la Brexit al referendum del 2016.

L’Office for budget responsibility, organismo indipendente di analisi sostenuto dal Tesoro britannico, ha ribadito che, a seguito della Brexit gli scambi commerciali del Regno Unito hanno registrato risultati negativi. In particolare, nel lungo periodo, sia le importazioni che le esportazioni saranno inferiori a circa il 15% rispetto al numero di operazioni che il Regno Unito avrebbe potuto realizzare se fosse rimasto nell’Unione europea.

Al di là dei numeri, la Brexit ha certamente avuto un impatto significativo sul commercio e sull’industria UK. Da una parte pesa l’abbandono di interi settori industriali, in particolare l’automotive.

Ancora recentemente, è stato rilevato come l’uscita dall’UE abbia aggravato la carenza di manodopera, eliminando dal mercato del lavoro centinaia di migliaia di cittadini europei, costretti a tornare al loro Paese di provenienza e a rinunciare a posti di lavoro utili alle aziende Uk.

Controlli e adempimenti doganali

Nell’ambito del commercio internazionale, invece, a incidere sul sentimento di Bregret è stata sicuramente l’introduzione dei controlli e degli adempimenti doganali negli scambi commerciali con i Paesi dell’Unione europea, con il sostanziale ritorno delle frontiere e del sistema di import ed export che hanno sostituito il sistema più semplice e veloce degli scambi intraunionali.

Inizialmente il Governo Uk aveva deciso di sospendere i controlli e la fiscalità doganale per tutto il 2021, rinviando di un anno gli effetti della Brexit. Dal 2022, invece, alla frontiera UK sono tornate le verifiche doganali per i beni provenienti dall’Unione europea. È, pertanto, obbligatorio fornire immediatamente tutta la documentazione doganale e presentare una dichiarazione doganale di importazione in UK completa.

Le conseguenze sul commercio marittimo

La reintroduzione delle frontiere con l’Europa ha, inoltre, inciso negativamente sul commercio marittimo, settore di primaria importanza per un’isola come il Regno unito. I porti britannici contribuiscono con circa 10 miliardi di euro netti all’anno all’economia del Paese e impiegano oltre 120 mila posti di lavoro. L’UK Major Ports Group aveva individuato come una delle cause del declino del settore portuale proprio la Brexit, che ha introdotto nuovi controlli e tasse doganali difficili da gestire con le medesime risorse preesistenti.

Da ultimo, nelle scorse settimane, ha fatto scalpore un servizio della BBC che ha messo in evidenza i pericoli causati dagli scarsissimi controlli sanitari per i prodotti di origine animale in entrata e in uscita dal territorio inglese. Secondo i giornalisti, ciò sarebbe una conseguenza del venire meno degli standard fitosanitari previsti nel territorio doganale UE.

Stefano Comisi

Tatiana Salvi