Dazi USA: intesa o compromesso?
Prima dell’escalation commerciale avviata da Trump a partire dal 5 aprile 2025, il 50% dei prodotti italiani entrava negli Stati Uniti duty free, mentre circa il 25% del nostro export scontava un onere tariffario compreso tra lo 0 e il 5%. Circa il 75% dei prodotti industriali viaggiava dall’Italia agli Usa senza dazio o con tariffe inferiori al 5%, secondo l’analisi condotta dal Centro studi di Confindustria. Un altro dato significativo, riportato dall’istituto Bruegel, è che l’aliquota media statunitense sui prodotti europei era dell’1,47%.
Con l’accordo raggiunto domenica, e salvo alcuni settori esonerati, l’Unione europea si vede applicare un’unica tariffa “piatta” del 15%, che riguarderà la maggior parte dei prodotti esportati verso gli USA, a partire dal 1° agosto.
La vantaggiosità dell’intesa, però, suscita molti dubbi, soprattutto per quei prodotti che, prima degli interventi del presidente Trump, non scontavano nessun dazio negli USA. Abiti, completi, giacche, blazer, vestiti, gonne, pasta cruda, oli essenziali e cosmetici, ma anche macchine come tosaerba, rimorchi e semirimorchi, scontavano un dazio dello 0% e si trovano ora a dover affrontare una tariffa del 15%.
Molto più positivo l’impatto per tutti quei prodotti che erano già colpiti da dazio prima del 2025. Per esempio, per il prosciutto era previsto un dazio “tradizionale” del 6,4%, ma da aprile, a questa tassa si aggiunge anche il cosiddetto dazio reciproco generalizzato, pari al 10%, per un totale del 16,4%. La previsione di un dazio al 15% risulta quindi migliorativa per questo settore, in quanto la Commissione europea ha chiarito che la tariffa prevista dall’accordo con gli USA non si aggiunge alle misure esistenti, ma rappresenta un tetto massimo per i prodotti esportati dall’Unione europea. Tale effetto è ancor più evidente se si prendono in considerazione prodotti come le borse, che prima del 2025 scontavano un dazio del 16% (voce 42022215) o del 9% (voce 42023160). Misura a cui, da inizio aprile, si aggiungeva anche un ulteriore 10%: anche in questo caso, la previsione di un’aliquota massima del 15% fa tirare un sospiro di sollievo alle aziende esportatrici.
A trarre beneficio dall’accordo è anche il settore dell’automotive, colpito da una misura aggiuntiva del 25%, che riguarda sia le auto che la componentistica; per effetto con l’intesa, invece, si applicherà soltanto il dazio del 15%. La Commissione europea ha inoltre annunciato che il 15% si applicherà anche ai semiconduttori e alla farmaceutica. Tali prodotti sono attualmente sotto inchiesta nell’ambito delle indagini della Sezione 232 da parte di Washington, che aveva annunciato tariffe fino al 200% per i farmaci. L’accordo potrebbe superare eventuali misure aggiuntive, ai sensi della Section 232, ma questo aspetto resta ancora da chiarire.
Restano, invece, esclusi dall’accordo i prodotti in acciaio, alluminio e derivati, che attualmente scontano un dazio del 50%. Stati Uniti e Unione europea stanno però negoziando un accordo per introdurre un nuovo sistema di quote, che consentirà di esportare un determinato quantitativo di beni a dazio ridotto.
L’accordo raggiunto avrà effetti importanti per le esportazioni italiane, considerato che gli Usa sono il primo mercato di destinazione del nostro export. Complessivamente, secondo le stime elaborate dal Centro Studi di Confindustria, i dazi del 15% porteranno a una riduzione delle nostre esportazioni verso gli USA di 22,6 miliardi di euro, facendo perdere oltre un terzo del valore delle vendite nel mercato statunitense, con un impatto stimato di cerca mezzo punto di Prodotto interno lordo.
Sara Armella