Dazi al 15%: le strategie per continuare a esportare negli Stati Uniti

L’ondata di dazi introdotta da Washington colpisce in modo significativo molti dei settori chiave dell’export italiano.  Secondo le simulazioni del Centro Studi di Confindustria, i dazi del 15% sui prodotti italiani esportati negli Stati Uniti potrebbero ridurre le esportazioni di 22,6 miliardi di euro, tenuto conto anche del deprezzamento del dollaro sull’euro, con una perdita di oltre un terzo del valore attuale e una contrazione del PIL di mezzo punto percentuale.

Le imprese devono mettere in atto una serie di strategie, prima tra tutte tenere una corretta due diligence della catena di fornitura per ridurre al minimo l’impatto dei dazi USA.

Occorre partire, innanzitutto, da una corretta classificazione doganale del prodotto da esportare, per comprendere se e in quale misura è soggetto alle barriere commerciali. Il sistema di classificazione doganale statunitense delle merci, infatti, oltre a prevedere i tradizionali codici che identificano le merci secondo le loro proprietà e qualità, sulla base del Sistema Armonizzato (SA), presenta dei codici di classifica secondaria, che definiscono il trattamento tariffario applicabile al prodotto importato, anche in base all’origine doganale, ossia al Paese in cui quel bene è stato realizzato.

Ai fini di un’ottimale applicazione dei dazi statunitensi, è fondamentale valutare anche l’origine dei beni secondo le regole doganali vigenti negli Stati Uniti. In particolare, per acciaio e alluminio, le autorità americane adottano criteri stringenti basati sul concetto di “interamente ottenuto” o “lavorazione sostanziale”, pertanto, l’origine è determinata in base al cosiddetto standard “melted and poured”, che fa riferimento al Paese in cui il metallo è stato originariamente fuso e colato. Tale requisito assume particolare rilievo nel panorama delle strategie, poiché nel calcolo del dazio, attualmente pari al 50%, è previsto che venga scontata dal valore complessivo del prodotto la quota riconducibile a componenti in acciaio di origine statunitense.

Da segnalare che l’accordo concluso tra Unione europea e Stati Uniti prevede l’adozione di origine più stringenti negli scambi tra i due blocchi, per contrastare fenomeni di triangolazione ed evitare che prodotti provenienti da Paesi terzi (es. Cina) possano beneficiare dei vantaggi dell’accordo, avendo subito solo lavorazioni marginali nell’Unione europea. Per esempio, se un’azienda acquista dalla Cina alcune componenti di computer e le riesporta poi negli Stati Uniti senza realizzare una trasformazione davvero sostanziale in Italia, il prodotto rimane, di fatto, cinese ma rischia di entrare nel territorio USA come italiano, beneficiando di un trattamento daziario molto più favorevole rispetto a quello previsto per i beni provenienti da Pechino. Per evitare che, in questo modo, altri Paesi riescano a eludere l’applicazione delle tariffe USA, l’accordo propone di stabilire regole di origine più marcate.

L’aggiornamento delle regole di origine imporrà un’attenta due diligence per le imprese sulla propria catena di approvvigionamento.

Infine, per contenere l’impatto dei dazi statunitensi, è cruciale definire correttamente il valore doganale dei beni importati. Questo corrisponde al prezzo effettivamente pagato o pagabile per la merce, includendo eventuali commissioni, royalty, valori di assistenza e imballaggi. Tuttavia, alcune voci come trasporto internazionale, assicurazioni, dazi e imposte federali, nonché costi per installazione o manutenzione negli Stati Uniti, non concorrono alla base imponibile.

Sul fronte contrattuale, è opportuno rivedere le condizioni di vendita. Risulta ottimale, optare per contratti flessibili che prevedano le c.d. “hardship clause”, ossia clausole di adeguamento in caso di eventi straordinari come, per esempio, l’improvvisa introduzione di eccesivi oneri doganali alla frontiera USA.

Le imprese che intendono esportare negli Stati Uniti devono anche tenere in considerazione alcuni metodi che consentono di ridurre il prezzo della merce e, di conseguenza, minimizzare l’importo del dazio applicabile. In questo caso, uno strumento utile è l’istituto statunitense del TVIS (Transaction Value of Identical or Similar Merchandise), ossia un metodo che consente agli esportatori di ridurre fino al 38% il valore doganale dei propri beni.

Un altro metodo di riduzione dei costi di vendita è rappresentato dalla “First sale rule”, una norma doganale USA che consente di calcolare i dazi all’importazione sul prezzo più basso della prima vendita, anziché sul prezzo finale maggiorato dall’ultima transazione.

Alcune aziende italiane potrebbero valutare il ricorso alle Free Trade Zone statunitensi, ovvero zone franche doganali in cui le merci possono essere introdotte senza pagamento dei dazi fino a un massimo di cinque anni. Questo consente alle imprese di posticipare l’onere doganale, attendendo sviluppi più favorevoli nella guerra commerciale.

Parallelamente, le imprese italiane che esportano negli Stati Uniti possono adottare ricorrere al duty drawback, che permette di ottenere il rimborso delle tariffe pagate in caso di riesportazione entro cinque anni, e i bonded warehouses, magazzini doganali dove le merci possono essere stoccate o manipolate per un periodo analogo, senza pagamento immediato dei dazi, a condizione che non vengano immesse in consumo.

Infine, una leva particolarmente efficace è rappresentata dalla tariff engineering, ovvero la progettazione o modifica intenzionale del prodotto per farlo rientrare in una categoria doganale più favorevole, beneficiando così di aliquote ridotte o nulle.

Anticipare i rischi e adattarsi rapidamente è la rotta da seguire per continuare a esportare negli USA, senza soccombere all’impatto dei dazi.

 

 

Descrizione

Impatto

Strategie

Classificazione

Codice HS + subheading HTSUS. Determina la categoria merceologica e l’aliquota applicabile

Stabilisce il dazio da applicare al prodotto

Tariff Engineering, First Sale Rule, revisione schede tecniche/prodotto

Origine

Regole di origine USA (es. melted and poured per acciaio)

Influenza eventuali dazi aggiuntivi e l’accesso a benefici tariffari

Utilizzo componenti USA per sconti sul dazio

Valore doganale

Prezzo pagato o pagabile e oneri accessori secondo metodo FOB. Esclude trasporto, assicurazioni e spese post-importazione

Base imponibile su cui si calcola il dazio doganale

Separazione chiara dei costi in fattura, Free Trade Zone, Duty Drawback, Bonded Warehouse, TVIS

 

Sara Armella

Tatiana Salvi