Regole di origine da rivedere
Nuovi criteri per stabilire l’origine doganale dei tubi di acciaio. La Corte di Giustizia annulla la regola di origine stabilita dalla Commissione europea, stabilendo che la lavorazione a freddo su uno sbozzo o una conduttura di origine cinese rappresenta una trasformazione sostanziale, in grado di determinare il cambio di origine doganale del prodotto finito. La sentenza C-827/24 del 2 settembre 2025, richiamando il famoso caso Stappert, annulla la regola prevista dal regolamento delegato del Codice doganale, stabilendo un nuovo ordine di priorità nell’interpretazione della normativa europea. Una decisione che ribalta numerosi accertamenti effettuati dall’Agenzia delle dogane ed è destinata a estendersi anche a casi analoghi.
Le regole di origine stabilite dalla Commissione europea servono a stabilire se la lavorazione effettuata in un determinato Paese (per esempio l’India o la Thailandia) è idonea per l’acquisizione dell’origine locale e per escludere l’applicazione del dazio antidumping previsto per l’origine cinese. Le regole di origine servono anche per determinare il Made in Italy del prodotto, da cui derivano importanti vantaggi competitivi per chi esporta e per chi opera nel mercato europeo.
Tali regole, però, hanno natura interpretativa e possono essere superate dalla Corte di Giustizia europea. A stabilirlo è la sentenza C-827/24 del 2/09/2025, che a due anni di distanza dal famoso caso Stappert (C-210/22 del 21/09/2023) torna a pronunciarsi sull’applicazione dell’allegato 22-01 del regolamento delegato al Codice doganale (Reg. UE 2446/2015).
I giudici europei hanno chiarito che le regole individuate dalla Commissione nel regolamento delegato devono in ogni caso rispettare il principio fondamentale, stabilito dal Codice doganale dell’Unione europea, di “lavorazione sostanziale” (art. 60, par. 2, Cdu). A prescindere dalle condizioni imposte dal regolamento delegato, pertanto, per attribuire a un prodotto l’origine non preferenziale occorre avere riguardo all’ultima trasformazione realizzata sul bene. Occorre verificare, in particolare, se la lavorazione è “sostanziale”, economicamente giustificata, effettuata presso un’impresa a tal fine attrezzata. Se l’ultima trasformazione determina un cambiamento irreversibile delle proprietà del materiale utilizzato, il bene acquista l’origine del Paese in cui è stata realizzata la trasformazione.
La sentenza della Corte di Giustizia europea mette in dubbio i numerosi accertamenti dell’Agenzia delle dogane che si fondavano sulla regola di origine prevista dalla Commissione europea nell’allegato 22-01 RD.
Negli ultimi anni, infatti, molte aziende che operano nel settore siderurgico sono state coinvolte in un’indagine dell’Organismo antifrode europeo (Olaf), dalla quale era emerso che la lavorazione effettuata in India sui tubi di acciaio cinesi non sarebbe stata sufficiente a determinare un cambio di origine. In particolare, secondo l’Olaf, i tubi lavorati a freddo avrebbero dovuto essere dichiarati di origine cinese e scontare, di conseguenza, un dazio antidumping del 71,9%, oltre a ingenti sanzioni amministrative.
Le conclusioni dell’Olaf sono ora superate dalla sentenza della Corte di Giustizia europea, la quale ha chiarito che la lavorazione a freddo realizza una trasformazione sostanziale, in grado di attribuire al prodotto una nuova origine doganale. Un principio che era già stato affermato dalla famosa decisione Stappert, con la quale la Corte di Giustizia aveva già invalidato la regola di origine definita dalla Commissione europea.
Nel caso Stappert, i giudici europei hanno evidenziato che è possibile che vi sia una lavorazione sostanziale, idonea a determinare l’origine della merce, anche in assenza di un cambiamento di voce tariffaria. La Corte ha evidenziato, inoltre, che la regola di origine della Commissione europea determinerebbe una differenza di trattamento ingiustificata, in quanto la laminazione a freddo realizzata a partire da profilati cavi consente di attribuire al prodotto l’origine doganale, mentre, applicando lo stesso tipo di lavorazione ai tubi, la merce non acquisisce l’origine doganale.
I giudici europei hanno accertato, infine, che la lavorazione a freddo comporta modifiche irreversibili sulle proprietà fisiche, meccaniche e metallurgiche della merce ed è pertanto idonea a determinarne l’origine doganale.
A confermare le conclusioni della Corte di Giustizia è anche un’indagine svolta dalla Commissione europea, che aveva avviato un’inchiesta sulle imprese indiane produttrici di tubi esaminate dall’Olaf, svolgendo un’attività di controllo in loco, per accertare le attività concretamente svolte e il livello di lavorazione del prodotto. A differenza dell’Olaf, che non si era recata presso le aziende esportatrici, la Commissione UE, a seguito di un’approfondita e attenta indagine, ha confermato l’origine indiana dei prodotti oggetto di contestazione (reg. UE 2017/2093). Anche l’indagine della Commissione ha confermato, quindi, che la formatura a freddo effettuata in India trasforma sostanzialmente i prodotti interessanti, modificandone in modo irreversibile le caratteristiche essenziali.
Il principio stabilito dalla sentenza della Corte di Giustizia è destinato a trovare applicazione anche in casi analoghi. Occorre considerare, infatti, che il giudice europeo svolge una funzione nomofilattica che va oltre il caso concreto esaminato e che le pronunce della Corte di Giustizia sono rese in sede interpretativa, ai sensi dell’art. 267 TFUE.
L’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia europea diventa così un leading case anche per altre contestazioni analoghe.
Richiamando tale importante precedente, infatti, la Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Liguria con le sentenze 7/10/2025, n. 814 e e 23/10/2025, nn. 881 e 884, ha ribadito che l’origine doganale di un prodotto si determina in base al Paese in cui il bene ha subito l’ultima lavorazione sostanziale.
È necessario, pertanto, esaminare quali sono le modifiche apportate alla merce e non ci si deve limitare a verificare se vi sia stato o meno un cambio di classificazione doganale dalla materia prima al prodotto finito. Ciò in quanto, la tariffa doganale sia stata concepita in funzione di esigenze specifiche, dovute alla necessità di classificare i prodotti con codici uniformi, e non con l’obiettivo di consentire la determinazione dell’origine delle merci.
Nel caso esaminato, la Dogana aveva ipotizzato che i tubi di acciaio senza saldatura importati, di origine thailandese, avrebbero dovuto essere dichiarati di origine cinese, con conseguente applicazione di un dazio antidumping del 54,9%. Secondo l’Agenzia, il fornitore thailandese avrebbe importato dalla Cina alcuni “tubi madre” classificati alla stessa voce doganale dei tubi finiti, non rispettando così la regola di origine prevista dall’allegato 22-01 RD che imporrebbe un cambio di classificazione per attribuire l’origine al bene.
Come accertato dalla Corte ligure, il fornitore thailandese ha realizzato una lavorazione idonea a trasformare irrimediabilmente le caratteristiche dei tubi importati, che hanno pertanto acquisito origine doganale thailandese.
La Corte di secondo grado della Liguria ha ribadito, inoltre, che non è dimostrata l’origine cinese del prodotto, in presenza di un’indagine internazionale che riguarda molti operatori, ma priva di riscontri riferibili alle specifiche importazioni contestate.
Tatiana Salvi

