Dazi USA: sospese fino al 6 agosto le misure ritorsive dell’Unione europea

Dopo la lettera informale inviata dal Presidente USA alla Presidente della Commissione europea, che annuncia la possibile introduzione di dazi generali del 30% applicabili su tutti i prodotti europei esportati verso gli USA dal 1° agosto, l’Unione europea ha deciso di posticipare l’entrata in vigore dei controdazi sui prodotti importati dagli Stati Uniti.

Il Reg. UE 2025/1446, pubblicato il 14 luglio 2025, proroga fino al 6 agosto 2025 la sospensione delle contromisure contro gli Stati Uniti. La decisione dell’Unione europea evidenzia la volontà di raggiungere un accordo con il Presidente Trump, volto a evitare l’entrata in vigore del dazio generale sui prodotti europei al 30%.

Il dazio del 30% è, infatti, una tassa all’importazione più elevata rispetto a quella prevista per altri Paesi, ad esempio il Regno Unito, che ha ottenuto una tariffa generale del 10% oltre a un’importante esenzione per il settore dell’automotive.

L’Unione europea mira ancora a raggiungere un accordo analogo a quello USA-UK, motivo per cui oggi ha annunciato lo slittamento dei contro dazi al 6 agosto.

La misura annunciata dagli Stati Uniti è oggetto, infatti, di una comunicazione informale e non di un executive order, e lascia ancora spazio ai negoziati. Nel caso in cui le trattative non dovessero andare a buon fine, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha dichiarato che l’Unione europea è pronta a reagire e a diversificare le proprie relazioni commerciali. È già pronto, infatti, un pacchetto che prevede l’adozione di contromisure volte a colpire i prodotti USA (Reg. UE 2025/778), che entrerà in vigore il prossimo 6 agosto se non si raggiungerà un accordo. Accanto a queste misure di ritorsione, l’Unione europea sta elaborando anche un secondo piano d’azione.

La Commissione europea ha già elaborato un piano di controdazi che dovrebbero applicarsi in risposta alle misure daziarie adottate dagli Stati Uniti.

In particolare, il regolamento (UE) 2025/778, prevede i dazi di ritorsione che l’Unione europea ha previsto in risposta ai dazi su acciaio e alluminio della Sezione 232, la cui entrata in vigore è stata posticipata al 6 agosto. Si tratta di dazi all’importazione che verranno riscossi dalle Dogane europee per l’importazione di prodotti statunitensi, per un valore di 21 miliardi di euro.

Tali dazi dovrebbero reintrodurre le misure protezionistiche che l’UE aveva già preso in considerazione nel 2018, nel corso della prima Amministrazione Trump. I corn flakes, le motociclette, i jeans, le t-shirt, i prodotti di bellezza e quelli per la cura del corpo, sono tra le merci che l’Unione europea ha deciso di colpire in via prioritaria. Una seconda tornata di dazi UE riguarda rame, tubi e aste di perforazione, flange, porte, finestre, accessori da saldatura, parti ed elementi di tubi, piloni, serbatoi, cisterne e vasche, ma anche chiodi, rampini, viti, bulloni e coltelli. Nel mirino dell’Unione europea sono presenti anche prodotti e materiali in plastica, come silicone, pvc, prodotti per la pulizia, saponi, vasche da bagno, docce e lavandini. Previste contromisure anche per il settore dell’agrifood statunitense, con una serie di misure commerciali, tutte nella misura del 25%, su carni, pollame, pomodori, agrumi, frutta, caffè, thè, cereali, salsicce, salami, ortaggi e legumi. Whiskey bourbon e latticini rimangono, invece, esclusi dalle liste ritorsive europee. L’ultimo gruppo di prodotti riguarda i semi di soia e le mandorle.

Oltre al pacchetto di misure sospeso oggi, un secondo piano di ritorsione dell’Unione europea è in fase di valutazione. Il valore delle nuove misure a cui la Commissione sta lavorando è pari a circa 72 miliardi, ridotto rispetto ai 95 inizialmente previsti per tenere conto delle richieste di esenzione da parte degli Stati membri. Secondo fonti diplomatiche, Bruxelles colpirà le importazioni statunitensi se le trattative dovessero definitivamente naufragare.

Intanto, sul fronte diplomatico, resta aperto un canale di dialogo. Il vicepresidente della Commissione, Šefčovič, ha fatto sapere che avrebbe parlato con il segretario al commercio statunitense Howard Lutnick, con l’obiettivo dichiarato di cercare un’intesa. Parallelamente, Bruxelles continua il confronto con gli Stati membri per finalizzare il secondo pacchetto di contromisure, che potrebbe entrare in vigore, se i negoziati non porteranno a risultati concreti, a partire dal 6 agosto.

Il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto di attivare lo Strumento anti-coercizione (ACI). Ma von der Leyen ha risposto che non è ancora il momento per misure così radicali: «L’ACI è pensato per situazioni straordinarie, e non siamo ancora a quel punto».

I ministri del Commercio dell’UE si sono riuniti oggi a Bruxelles per valutare le prossime mosse. Il ministro tedesco Lars Klingbeil ha dichiarato che «la nostra mano resta tesa, ma non accetteremo qualsiasi cosa». Gli Stati membri più interessati dal commercio con gli USA, tra cui Germania e Italia, invitano alla cautela per evitare una guerra commerciale interna all’Occidente, che – come ha detto Giorgia Meloni – «ci renderebbe tutti più deboli di fronte alle sfide globali».

Occorre considerare, infatti, che tra i Paesi europei l’Italia si posiziona al terzo posto per esportazioni verso gli USA, dopo Germania e Irlanda. Nel 2024, l’export italiano verso gli Stati Uniti ha registrato più di 64 miliardi di euro, con un aumento record nel 2025. Da gennaio a maggio, le nostre esportazioni sono cresciute del 7,2% in più rispetto all’anno precedente, facendo registrare un surplus commerciale di 17,4 miliardi. Le punte più elevate si registrano proprio per quei prodotti su cui gli Stati Uniti hanno annunciato tariffe più elevate, come farmaceutici, alimentari e bevande. 

L’Italia è uno dei Paesi europei che risentirà maggiormente della guerra dei dazi con gli Stati Uniti. Considerando solo le conseguenze dirette e immediate, le prime stime Svimez parlano di un possibile crollo dell’export del 19,8%, tradotto quasi mezzo punto di PIL in un anno (-0,44%). Tra i settori più colpiti vi sarebbe quello dell’agroalimentare, che potrebbe perdere 1,5 miliardi di euro, oltre a farmaceutica, tessile e automotive.

Sara Armella

Tatiana Salvi