Dazi USA: raggiunta l’intesa, tetto massimo al 15%

Dopo mesi di trattative, il 27 luglio 2025 l’Unione europea e gli Stati Uniti hanno raggiunto un accordo politico sui dazi, evitando un’escalation che avrebbe messo a rischio centinaia di miliardi di euro di scambi. Il 29 luglio, la Commissione europea ha pubblicato una nota informativa che riassume i punti chiave dell’accordo, chiarendo anche molti dei dubbi emersi a seguito della notizia dell’intesa. Anche la Casa Bianca ha reso noto il contenuto dell’accordo, pubblicando un ordine esecutivo il 28 luglio.

L’intesa prevede una tariffa unica e onnicomprensiva del 15% sulla maggior parte dei prodotti europei esportati verso gli USA, a partire dal 1° agosto 2025. Secondo la nota della Commissione, il 15% rappresenta il tetto tariffario globale per le merci originarie dell’Unione europea. Si tratta, infatti, di una misura che assorbe il dazio preesistente e non si cumula con altre tariffe, a differenza di quanto previsto per il “dazio reciproco” del 10%, in vigore da aprile, che va sommato alle misure già esistenti. Ciò significa che se un prodotto, prima di aprile, scontava un dazio del 9% (per esempio le borse in pelle), a partire dal 1° agosto si vedrà applicare un’unica tariffa del 15%. Fanno eccezione i casi in cui il dazio previsto all’importazione negli Stati Uniti sia superiore a tale soglia: in queste ipotesi, si applica soltanto la tariffa preesistente, senza ulteriori misure aggiuntive.

Secondo l’analisi condotta dal Centro studi di Confindustria, prima della nuova guerra commerciale avviata da Trump a partire da marzo 2025, il 50% dei prodotti industriali italiani entrava negli Stati Uniti a dazio zero e circa il 25% del nostro export scontava un onere tariffario compreso tra lo 0 e il 5%. Secondo l’istituto Bruegel, l’aliquota media statunitense sui prodotti europei era dell’1,47%.

Se è vero che l’accordo ha scongiurato l’entrata in vigore di un dazio generalizzato del 30%, annunciato da Washington a luglio del 2025, l’imposizione del 15% avrà comunque un impatto rilevante per l’economia europea e italiana. Si stima che le esportazioni italiane verso gli Stati Uniti subiranno un calo stimato di 22,6 miliardi di euro, pari a una perdita del 33% del valore delle vendite in quel mercato, con un impatto negativo sul PIL di circa -0,5%.

Secondo le stime, il comparto chimico-farmaceutico italiano, che vale circa 13 miliardi di euro, subirà rincari per 1,95 miliardi. La farmaceutica è uno dei settori più interessati dall’export verso gli USA, considerato che nel 2024 le aziende italiane hanno venduto 10 miliardi di farmaci negli Stati Uniti. Per questi prodotti, così come per i semiconduttori, Washington ha avviato delle indagini sulla base della Section 232, annunciando l’introduzione di dazi potenzialmente fino al 200%. L’allarme sembra ora rientrato, in quanto sia la Commissione europea che la Casa Bianca confermano che il tetto massimo del 15% si applicherà anche alla farmaceutica e ai semiconduttori, nonostante siano ancora in corso le indagini. Eventuali nuove tariffe non potranno superare la soglia del 15%. Bruxelles ha chiarito, inoltre, che fino a quando gli Stati Uniti non decideranno se imporre dazi aggiuntivi su questi prodotti, si applicheranno soltanto le tariffe previgenti. Farmaci generici e apparecchiature per la produzione di semiconduttori rientrano, infatti, tra i prodotti strategici “zero per zero”, per i quali è previsto un ritorno ai livelli antecedenti a gennaio 2025. Tra le categorie strategiche soggette a questo regime rientrano anche aeromobili e componenti, alcuni prodotti chimici risorse naturali e materie prime critiche. Questo elenco potrebbe essere ampliato in base ai futuri negoziati.

Macchinari e apparecchiature rappresentano uno dei settori chiave dell’export italiano, con 12,8 miliardi di euro esportati nel 2024. L’applicazione del 15% rappresenta un costo aggiuntivo di circa 2,7 miliardi di euro. Macchinari come tosaerba, rimorchi e semirimorchi, che in precedenza erano duty free, rientrano ora nella nuova tariffa.

Sono al momento esclusi dall’accordo i prodotti in acciaio, alluminio e derivati, che attualmente scontano un dazio del 50%. Sia la Casa Bianca che Bruxelles confermano però che sono in corso i negoziati per introdurre un nuovo sistema di quote, che consentirà di esportare determinati quantitativi di beni a dazio ridotto.

Accanto ai dazi su acciaio e alluminio, si aggiungono, inoltre, le nuove tariffe del 50% sul rame. Con un proclama del 30 luglio, il Presidente Trump ha dichiarato concluse le indagini ai sensi della Section 232, stabilendo che, dal 1° agosto, tutte le importazioni di prodotti semilavorati in rame e di prodotti derivati intensivi in rame saranno soggette a una tariffa del 50%. Restano escluse dalla misura le materie prime come minerale e rottami. Il dazio sul rame non si somma ad altri dazi 232, per esempio quelli sull’automotive.

Un comparto duramente colpito tra aprile e luglio del 2025 da un dazio aggiuntivo del 25%, che si sommava al precedente dazio del 2,5%. Le tariffe per questo settore vengono ora assorbite nel nuovo tetto del 15%. Si tratta di un segnale positivo per le imprese europee del settore auto e componentistica, che vedono ridursi significativamente i costi rispetto allo scenario precedente.

Con un export verso gli USA pari a 8 miliardi di euro, secondo Coldiretti questo settore sarà colpito da rincari per circa 1,2 miliardi. Tra i prodotti maggiormente interessati dall’export verso gli USA, vi è il vino, per un valore di 1,9 miliardi. Il settore con i dazi subirà un impatto stimato in oltre 290 milioni. Il secondo prodotto più venduto negli USA è l’olio extravergine di oliva, per un valore oltre 937 milioni: in questo caso i dazi avranno un peso stimato in più di 140 milioni. Le previsioni sono negative anche per la pasta di semola, oggi esente da dazi, la tariffa del 15% peserà 74 milioni di euro. Previsioni più stabili, invece, per molti formaggi, che avevano già tariffe tra il 10% e il 15%. Alcuni prodotti risultano favoriti dall’accordo. Per esempio, per il prosciutto era previsto un dazio “tradizionale” del 6,4%, ma da aprile, a questa tassa si aggiunge anche il cosiddetto dazio reciproco generalizzato, pari al 10%, per un totale del 16,4%. La previsione di un dazio al 15% risulta quindi migliorativa rispetto alle ultime settimane, ma decisamente più elevata se confrontata con gli standard precedenti.

Tra i settori più penalizzati dai dazi USA vi sono anche prodotti tipici del nostro Made in, come abiti, completi, giacche, gonne. Questi prodotti, prima dell’accordo non erano soggetti a dazi. Dal 5 aprile, si erano visti aggiungere un dazio del 10% e ora, con l’accordo, rientrano nel tetto del 15%. Per l’Italia, si stima un sovraccosto complessivo di circa 1,65 miliardi di euro nel comparto moda.

A preoccupare sono anche le concessioni dell’Unione europea: come contropartita, l’accordo prevede la liberalizzazione di molti prodotti statunitensi, che potranno essere importati a dazio zero (per un valore di circa 5 miliardi di euro l’anno), oltre alla riduzione delle barriere non tariffarie. L’Unione europea si è impegnata anche ad acquistare prodotti energetici e armamenti dagli Stati Uniti per un valore complessivo di centinaia di miliardi di dollari.

In particolare, l’intesa prevede acquisti di energia per 750 miliardi di dollari nei prossimi tre anni, tra petrolio, gas naturale liquefatto (GNL) e combustibili nucleari. L’entità della cifra appare elevata se si considera che, secondo Eurostat, nel 2024 la UE ha importato complessivamente prodotti energetici per 360 miliardi di dollari da tutto il mondo. L’impegno potrebbe determinare una profonda ristrutturazione delle forniture energetiche europee, riducendo in modo significativo gli acquisti da altri Paesi. Attualmente, gli Stati Uniti sono già il primo fornitore energetico della UE, con una quota del 15% del greggio (ultimo trimestre 2024) e del 50,7% del GNL (primo trimestre 2025), davanti a Russia (17%) e Qatar (10,8%).

 

Impatti settoriali

Moda e abbigliamento

Il settore è tra i più penalizzati in Italia: su prodotti che prima non pagavano dazi, come vestiti, gonne e borse, ora si applica un’aliquota del 15%, con un impatto stimato in circa 1,65 miliardi di euro di costi aggiuntivi

Farmaceutica e semiconduttori

L’accordo rappresenta un sollievo per l’Italia, evitando dazi fino al 200% sui farmaci; si applicherà il tetto del 15%

Macchinari e automotive

I macchinari italiani subiscono un contraccolpo significativo (+2,7 miliardi di costi su 12,8 mld export). Si applica il tetto del 15% anche per auto e componentistica

Agroalimentare

Il dazio del 15% porterà a un aumento dei costi stimato in 1,2 miliardi per l’Italia

Energia e materie prime

L’UE si impegna a importare energia dagli USA per 750 miliardi di dollari in 3 anni, una cifra che implica una forte riduzione della dipendenza da altri fornitori, inclusa la Russia; i contratti saranno siglati da aziende private, ma l’impatto geopolitico è rilevante

 

Sara Armella

Tatiana Salvi